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eventi/Mostra documentaria VANNI ROSA: biografia per immagini



      GIOVANNI ROSA, chiamato Vanni, nasce a Pozzallo il 26 NOVEMBRE 1907 in via Balata, 1, attuale via San Giovanni Battista.
È il primogenito di Francesco e Giovanna Agosta, contando altri cinque tra fratelli e sorelle minori.
Compiuti gli studi obbligatori a Pozzallo e interrotti quelli superiori a Modica, nel 1922 a seguito del padre parte per l' Argentina, approdando al barrio de La Boca di Buenos Aires dove vive e opera una nutrita colonia di emigrati pozzallesi, tra cui lo zio paterno Antonino inteso Ninu Papa.
Qui incontra anarco-sindacalisti, socialisti, comunisti che svolgono una intensa attività antifascista, specie tra la nutrita comunità di immigrati italiani, divenendo un fervido militante per i diritti sociali e sindacali.

  Non soddisfatto delle condizioni di vita in Argentina, rompe con il genitore che lo accusava di esporsi troppo nell'attività politica e sindacale e si reca in America dove, nella Little Italy di New York, rafforza la sua attività antifascista e sindacale specie a favore dei portuali italiani, riuscendo a trovare lavoro come impiegato di banca.
Fa amicizia con importanti fuoriuscisti antifascisti italiani, come il già Deputato del Regno on. Vincenzo Vacirca e Giuseppe Lupis.
Stringe un fervido sodalizio di azione e di pensiero con l'anarchico di origine siciliana Anthony Capraro con il quale in seguito terrà una lunga corrispondenza (il carteggio, ancora inedito, è custodito nell'Università del Minnesota).
Accusato ingiustamente di voler prendere parte a un tentativo di rivolta insurrezionalista in Sicilia, Sardegna e Corsica, viene arrestato e rilasciato solo dopo versamento su cauzione grazie all'impegno del Soccorso Rosso.
Dopo sette anni a New York da clandestino, è costretto a lasciare l'America per, prima la Francia e poi la Spagna dove mantiene rapporti con la Lega dei Diritti Umani nei suoi massimi vertici e dirigenti.
 
  Non trovando una minima occupazione, dai dirigenti della Lega viene mandato ad Orano (Algeria) dove riprende a svolgere l'intensa attività politica antifascista.
Qui conosce e sposa Carolina Milio durante la detenzione in carcere che subisce con l'accusa di complicità verso un anarchico italiano autore di una rapina.
Dopo 14 mesi di detenzione, al processo viene assolto e dunque riprende l'attività di sempre.
Da Orano si sposta a Tunisi dove si impegna in una intensa azione politica a sostegno della nutrita comunità siciliana ( Le piccole Sicilie) lì presente.
Comincia a scrivere per Il Giornale di Tunisi divenendo amico fraterno dei fratelli Gallico, animatori dell'unico foglio antifascista che regolarmente esce durante il regime mussoliniano.
Pubblica il Manifesto - Postulati del Movimento Autonomista Siciliano dove propugna la liberazione della Sicilia, riprendendo e innovando lo spirito autonomista dei grandi pensatori siciliani di fine Ottocento in chiave progressista e sociale.
A seguito della uccisione del giovane comunista Giuseppe Miceli, responsabile del circolo Garibaldi di Tunisi, ad opera di squadristi e ufficiali della Amerigo Vespucci, è costretto a fuggire in Francia in quanto, secondo una soffiata avuta da Loris Gallico, il prossimo ad essere ucciso sarebbe stato proprio lui.

  Tornato clandestinamente in Francia, a Parigi si lega ai fuoriusciti antifascisti italiani, e in particolare a Pietro Nenni, Randolfo Pacciardi (che dopo la Liberazione avrà particolare riguardo per la famiglia di Vanni) e della moglie di Pacciardi che con Carolina a Parigi svolge attività di propaganda e proselitismo.
E ancora: con Emilio Lussu (con il quale condivide il sogno della Sicilia e della Sardegna libere e autonomiste), l'intellettuale meridionalista Gaetano Salvemini e altri.
Scrive e pubblica Trinacria Redenta che però, a partire dal secondo numero, viene soppresso dal governo francese.
Quando i tedeschi giungono alle porte di Parigi, Vanni Rosa va con i maquis, combattendo per quasi un anno da valoroso partigiano.
Capendo che la situazione si fa sempre più pesante nella capitale francese occupata, già padre di un figlio ( Victor Hugo, o Ughino) e in attesa di un altro (Franco, figlioccio di Nenni), decide che è tempo di tornare in Italia e attraverso un tumultuoso viaggio riesce ad arrivare a Pozzallo, da dove mancava da venti anni.

  Giunto a Pozzallo, viene tratto in arresto in via Bagni, 3 (attuale via Aurelio Saffi).
Tradotto in carcere a Ragusa, interrogato e condannato, è spedito alle isole Tremiti con una condanna a tre anni di confino.
Dopo l'8 settembre è partigiano in Veneto, dove raggiunge la moglie a Meduna di Livenza (Treviso) e dove con il nome di battaglia Capitain Johnny, come lo chiamano gli Alleati, combatte tra le fila della Brigata Osoppo, divisione Ippolito Nievo.
Scoperto da fascisti e nazisti, mentre si trovava una sera a casa, rocambolescamente riesce a scappare. Per tre giorni rimane nascosto nelle fogne, mettendosi in salvo ed evitando la peggiore sorte.
Per rappresaglia i tedeschi arrestano Carolina che - cedendo all'ultimatum degli Alleati che avevano volantinato su Treviso chiedendone la liberazione, pena il bombardamento di Treviso – sono costretti a liberare.
A Liberazione avvenuta, Vanni Rosa ottiene significativi riconoscimenti oltre che dall'ANPI, dal Comando Superiore anglo-americano operante nel Mediterraneo.
Tornato in Sicilia con la famiglia (intanto era nato il terzogenito Manfredi), dal governo De Gasperi viene nominato Commissario del Campo profughi di Termini Imerese che già accoglieva gli italiani di ritorno dalle colonie d' Africa e Grecia.
Successivamente è nominato Commissario Straordinario da parte delle Nazioni Unite per la ricostruzione post bellica della provincia di Siracusa.
Proprio nel collegio di Siracusa si candida nelle liste del Blocco del Popolo per le prime elezioni regionali siciliane nell'aprile del 1947. Ottiene un ottimo risultato in termini di preferenze, ma non viene eletto.
Deluso dalla politica e soprattutto dai suoi compagni che, a suo dire, non l'avrebbero adeguatamente sostenuto, con la famiglia torna a Meduna di Livenza.
  Sul finire del 1947 abbandona l'Italia, Carolina e i figli e torna a Buenos Aires, dove si ricongiunge con l'anziano zio Antonino, inteso Ninu Papa.
Sostenuto da amici e compagni argentini originari di Pozzallo pubblica il saggio storico-sociale "...E UNA CROCE CADDE A POZZALLO", un libro che susciterà accese polemiche anche in provincia di Ragusa.
Diventa, frequentandone lo studio, amico fraterno di Benito Quinquelia Martín, il più importante pittore argentino e anima della rinascita sociale e culturale de La Boca destinata a divenire patrimonio dell'Umanità.

  Dalla pubblicazione del libro in poi quasi nulla si sa di Giovanni Rosa, inteso Vanni, alias Giovanni Palma, Vanni il Siciliano, Gusine Isene, Jean il maquisads, Capitan Johnny.
Solamente due lettere - datate una gennaio 1981 e l'altra di qualche settimana successiva - inviate ai figli danno contezza che lui dimori a Ciudad Obregòn ( Sonora, Mexico).
Scrive dell'operazione agli occhi di cui necessita e del desiderio di tornare in Europa, o a Parigi o in Italia.
Ad oggi risulta ignota la data e per quale causa o malattia Vanni Rosa sia morto, e nemmeno in quale città dell'America Latina riposino le sue spoglie.

  Nel 1973, il secondogenito di Vanni, Franco, va alla ricerca del padre a Buenos Aires. Trova l'indirizzo dove abitava in un barrio poco distante da La Boca.
In casa vi trova la nuova compagna del padre, una poetessa di origine polacca, ma non Vanni che apprende essersi recato in Messico, probabilmente per ragioni politiche.
La poetessa riferisce pure che Vanni diverse volte si era recato a Cuba, all'indomani della Rivoluzione di Fidel Castro, nutrendo grande ammirazione per Hernesto Guevara de La Serna, el Che.
Franco si trova tra le mani un articolo di giornale con il padre a fianco di Juan Domingo Peron, entrambi impegnati in un comizio e nota un quadro di Benito Quinquelia Martín esposto nella stanza da letto della casa.
Nelle lettere spedite ai figli, Vanni Rosa si definisce engeniero, a riprova della sua versatilità e genialità. Progetta e realizza il prototipo di una marmitta catalitica capace di ridurre notevolmente l'emissione degli scarichi delle macchine in atmosfera, negli anni Sessanta e Settanta una vera rivoluzione tecnologica.

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Per squarciare il silenzio che incombe ancora su Vanni Rosa, occorre continuare nell'azione di ricerca e di riflessione.
A tal fine, con la presente Mostra, si propone alle Istituzioni, ai vari livelli di rappresentanza:

- L'individuazione del luogo di sepoltura, delle cause della morte e della data esatta della dipartita di Vanni Rosa, al fine di traslarne i resti nel cimitero di Pozzallo

- L'acquisizione di copia integrale del carteggio inedito durato oltre un decennio con Anthony Capraro custodito nell'Università americana

- La ristampa anastatica de ."..E una croce cadde a Pozzallo," nonché del Manifesto - Postulati del Movimento Autonomista Siciliano e del numero unico di Trinacria Redenta

- L'organizzazione di un convegno di studi sui propositi autonomisti di Vanni Rosa in grado di metterne in luce propositi e attualità del pensiero

- L'intitolazione di un luogo pubblico e l'apposizione di una targa-ricordo nella casa natia di via Balata, 1, alla Sua memoria.

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